Anche i papà hanno bisogno di sostegno e riconoscimento
i papà hanno bisogno di sostegno

Anche i papà hanno bisogno di sostegno e riconoscimento

Dubbi, paure, adrenalina, difficoltà legate all’attesa di un figlio e anche dopo, quando arriva. Succede alle donne e succede agli uomini che stanno per diventare genitori o lo sono appena diventati. Anche i papà hanno bisogno di sostegno perché avere un figlio è l’esperienza più straordinaria per l’essere umano. Ci si sente impreparati, si cerca un nuovo equilibrio con l’altra metà, una nuova intesa. La vita cambia, si entra in una nuova delicata fase e il proprio sistema identitario aggiunge un nuovo “tassellino”, quello di essere genitori.

La nascita di un figlio fa pensare subito alla neo-mamma, alle difficoltà del parto che ha dovuto superare, a ciò che l’aspetta subito dopo, alle notti insonni ad accudire il neonato, alle mille attenzioni verso di lui. Gravidanza, puerperio, post-partum, visite, controlli: la madre, il più delle volte, è molto più circondata di attenzioni e sostenuta rispetto al padre nel percorso che conduce alla genitorialità. Tutti (genitori, amici, familiari, colleghi) si interessano a ciò che accade alla donna, ma cosa passa nella testa del padre o futuro padre?

Anche i papà hanno bisogno di sostegno mentre vivono un’esperienza straordinaria da soli

Anche i papà hanno bisogno di sostegno perché anche gli uomini vivono cambiamenti e stravolgimenti nella vita al momento di diventare genitori. In pochi, però, se ne accorgono o se ne curano.

Il motivo è presto detto: il cambiamento fisiologico della donna durante la gravidanza è al centro dell’interesse generale. Questo aspetto però non dovrebbe portare al totale disinteresse per ciò che accade al futuro papà o neo papà, aspetto ancora un po’ trascurato.

Potrebbe accadere che l’esperienza di padre viene vissuta in solitudine senza l’appoggio di nessuno. Da soli i papà vivono le loro fantasie, paure, dubbi, perplessità, senso di inadeguatezza. Mentre lo stile di vita, il senso stesso della vita e di sé cambia, hanno bisogno anche loro, come le madri, di consigli, rassicurazioni, condivisione.

Cambia anche il rapporto con la partner, presa ad accudire il neonato: mentre vive la sua esperienza da solo, potrebbe essere messo da parte anche dalla sua compagna che, spesso, sembra non accorgersene.

Padre non si nasce, si diventa e, spesso, succede senza l’aiuto di nessuno.

In ottica di promozione e prevenzione della salute psicologica, è importante prendere consapevolezza di ciò che accade nel proprio universo emotivo.
Diventare consapevoli di ciò che sentiamo, di ciò che proviamo, delle preoccupazioni, delle paure e delle gioie è il passo fondamentale per riuscire ad affrontare il più serenamente possibile questa transizione, ovvero un “passaggio critico”, in cui la coppia diventa una triade con un diverso ruolo da ricoprire, quello di genitori.

Papà a rischio depressione

Si parla spesso di depressione post-partum che tutte le neo-mamme potrebbero rischiare e si presta particolare attenzione a questo fenomeno. Nessuno presta la stessa attenzione per il padre che può trovarsi a vivere una fase di depressione legata alla nascita del figlio.

Potrà reagire alla transizione da “partner” a “genitore” in tre principali modi:

si rassegna, accetta la sua condizione da “emarginato”, lascia fare e si disinteressa della nuova fase creatasi in casa. Si chiude in se stesso oppure, al contrario, cerca all’esterno un modo per recuperare l’autostima (lavoro, hobby, una nuova storia d’amore che lo faccia sentire di nuovo amato, apprezzato). I tradimenti da parte degli uomini sono molto più frequenti in questa fase di vita. Un sorriso in più, maggiore considerazione ed attenzione da parte della compagna potrebbero evitare tutto questo;

imita la partner, simula le funzioni materne preparando il biberon o cambiando il pannolino al bebè ma questo atteggiamento lo farà scontrare presto con la realtà. Il bambino ha bisogno di una figura paterna, non di due figure materne;

assume un ruolo attivo, di sostegno amorevole e paterno recuperando il suo ruolo, l’autostima, l’amore e l’apprezzamento della propria donna. Questo è il modo più funzionale per costruire insieme una nuova identità di famiglia e di singolo.

Baby blues maschile: la sindrome depressiva dei papà

Sintomi della depressione pre e post partum nelle donne: umore instabile, tristezza, spossatezza, irritabilità, agitazione, tendenza ad isolarsi, calo di autostima e di fiducia in se stesse.

La depressione, pericolosamente non riconosciuta, riguarda anche gli uomini e si verifica soprattutto in occasione dell’arrivo del primo figlio o in caso di incertezze economiche, lavoro precario.

Sintomi del baby blues maschile, la depressione che colpisce i papà: scarso riposo notturno (che sfiora l’insonnia), appetito quasi assente, abbondante sudorazione.

L’ansia vissuta dagli uomini può portare a conseguenze più rischiose rispetto alla depressione post partum femminile in quanto viene puntualmente trascurata o ignorata da uomini non abituati a chiedere aiuto.

Anche i papà devono sapere che hanno bisogno di sostegno come le loro partner quando si diventa genitori. Sono stati condotti diversi studi in merito: dimostrano che il rischio depressione negli uomini non è un’ipotesi ma è qualcosa di reale.

Per superare la depressione, esistono specifiche terapie individuali e di gruppo utili per condividere l’esperienza della paternità, i problemi, le difficoltà, le ansie e confrontarsi fino a scoprire che non si è impreparati o inadeguati al nuovo ruolo come si pensa.

La sindrome di couvade vissuta dal papà

Oltre al rischio di depressione, i papà potrebbero sviluppare la sindrome di couvade (‘covata’ in francese) detta anche gravidanza empatica. E’ caratterizzata da una serie di sintomi fisici e psichici di natura psicosomatica. L’uomo manifesta questi sintomi durante la gravidanza della partner.

I segnali fisici sono calo o aumento di peso, cefalea, alterazioni ormonali (livelli più elevati di cortisolo e prolattina), disturbi gastrointestinali, nausea, vomito, mentre quelli psichici sono insonnia, ansia, irritabilità, nervosismo. Tutti sintomi che non permettono di individuare e diagnosticare la sindrome di couvade.

Nei casi più gravi, la sindrome può causare depressione, disperazione, malinconia, impotenza, perdita di concentrazione, calo di rendimento sul lavoro.

Nei primi 3 mesi di gravidanza, i sintomi sono maggiori in frequenza ed intensità. In seguito, tendono a ridursi ma, in prossimità del parto, si riacutizzano. Dopo il parto, la sindrome scompare totalmente ma, in certi casi, si possono riscontrare livelli più alti di ossitocina che mantiene bassi i livelli di testosterone.

Perché il corpo e la mente dell’uomo in attesa di un figlio vengono stravolti?

Lo stress emotivo potrebbe essere causato dai motivi più disparati: empatia con la partner, gelosia nei confronti del nascituro, ansie e preoccupazioni per la salute sia della madre sia del bambino, angosce legate alla paura di diventare padre, invidia della capacità di procreazione della compagna. 

Anche i papà hanno bisogno di sostegno, soprattutto in caso di baby blues maschile e sindrome di couvade.

In caso di disturbi di una certa entità, si consiglia di rivolgersi ad uno specialista (medico, psicologo, ostetrica) per far superare all’uomo il momento critico. E’ importante stare vicini al futuro papà, comprenderlo, dialogare con lui parlando della gravidanza e cercando, in questo modo, di fargli superare ansie e paure (soprattutto quelle nascoste, che lui stesso ignora).

Papà e neonato: un rapporto di pelle

In passato, l’uomo rimaneva fuori dalla sala parto, dall’ambulatorio pediatrico per le cure del bambino, dai primi giochi del figlio. Entrare in sala parto è stato per lui un cambiamento positivo a livello psico-fisico; un’uscita benefica dallo stato di ‘ansia passiva’.

La mancanza di attenzioni ed affetto da parte della compagna, l’emarginazione, la solitudine potrebbero scatenare nell’uomo crisi di gelosia.

Anche il papà si prepara a modo suo alla nascita del figlio.

Avere un rapporto corporeo con il bambino fa bene ad entrambi. Il contatto con il corpo del neonato per il papà rappresenta una fonte di emozioni positive. Lo stesso vale per la possibilità di poterlo accudire, nutrire, tenerlo in braccio. Un padre attivo ha un’influenza positiva sullo sviluppo del bambino (autostima, autonomia, empatia).

L’impegno paterno, però, dipende molto dal comportamento della madre, da quanto la compagna dimostri fiducia nel padre. La donna che non ha fiducia nel modo in cui il padre accudisce il bambino favorisce esperienze frustranti e deludenti nell’uomo.

I padri che non hanno possibilità di instaurare buoni contatti con i loro figli tendono a soffrire di invidia, si sentono messi in un angolo, poco valorizzati, insoddisfatti nel rapporto di coppia e in quello paterno.

Le grandi paure dei futuri padri o neo papà

Abbiamo fatto una lista di alcune grandi paure che un uomo può provare quando sta per diventare o diventa padre:

– non essere in grado di proteggere e provvedere alla famiglia in modo adeguato, di non rappresentare un buon sostegno economico ed emotivo per la sua famiglia:

– non essere il vero padre del bambino, un timore radicato in molti, un meccanismo incontrollabile, istintivo, spesso ingiustificato;

– l’idea della morte. Tramonta nell’uomo che diventa padre la convinzione tipica della giovinezza di essere immortale. Questa idea può scatenare una crisi profonda, angoscia;

– timore per la salute del bambino e della compagna;

– presenza del figlio che può avere ripercussioni sul rapporto di coppia. Il padre può temere che la compagna amerà di più il bambino, che il figlio possa rovinare il rapporto di intimità raffreddando la relazione sessuale o la vita di coppia in genere.

Gran parte dei papà supera queste paure dopo la nascita del figlio.

Chi non riesce a superarle si potrebbe chiudere in sé, non si confida facilmente, non parla delle sue ansie per non apparire debole, per non essere giudicato o considerato ridicolo.

In ottica di promozione e prevenzione della salute psico-fisica e di accompagnamento a questa transizione familiare, al giorno d’oggi esistono diversi interventi psicologici di natura psico-educativa che prendono il nome di Parent Training oppure ancora iniziative di Gruppi di Parola, interventi di scambio di esperienze e di sostegno.

Anche i papà hanno bisogno di sostegno: diritti e tutele sul lavoro

La legge italiana riconosce e garantisce il ruolo di entrambi i genitori nella cura ed assistenza dei figli per il benessere della famiglia.

Il Decreto legislativo, 26 marzo 2001, n. 151 disciplina sia il congedo di maternità sia quello di paternità, ovvero rispettivamente l’astensione obbligatoria dal lavoro della madre lavoratrice e del padre lavoratore. In seguito, il Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 80 ha apportato varie novità alla normativa vigente.

Di fatto, i papà sono stati sempre più coinvolti. sia a livello culturale che legislativo, nella cura dei figli e della famiglia. Per accudire ed assistere suo figlio, il padre può assentarsi dal lavoro durante i primi anni del bambino senza rischiare il posto di lavoro e ricevendo un trattamento economico nei periodi di assenza.

Il padre lavoratore non può essere licenziato per tutta la durata del congedo di paternità e fino al compimento di un anno di età del bambino. E’ tutelato dalla legge 300/1970 (modificata dalla legge 92/2012) e dal decreto legislativo 23/2015.

Il lavoratore licenziato nel periodo di congedo deve essere reintegrato nel posto di lavoro e risarcito dal datore di lavoro.

Il divieto di licenziamento non è applicabile in certi casi come cessazione dell’attività dell’azienda che l’ha assunto, colpa grave del lavoratore o risoluzione del rapporto lavorativo per scadenza del termine.

Strumenti di tutela del padre lavoratore

I papà hanno bisogno di sostegno anche nel mondo del lavoro dove possono beneficiare di svariati strumenti di tutela:

Congedo di paternità per lavoratori dipendenti, lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS e lavoratori professionisti per tutta la durata del congedo di maternità (3 mesi dopo il parto) o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o grave infermità della madre, abbandono da parte della madre oppure affidamento esclusivo del figlio al padre;

Congedo di paternità obbligatorio di 7 giorni entro i 5 mesi successivi alla nascita del bambino e facoltativo della durata di un giorno;

Congedo parentale da un minimo di 3 mesi ad un massimo di 6-7 mesi per ogni figlio nei primi 12 anni di vita;

Permessi giornalieri in determinati casi (parto plurimo, figli affidati soltanto a lui, madre casalinga, morte o grave infermità della madre);

Congedo per malattia del figlio non retribuito per tutta la durata della malattia fino all’età di 3 anni del bambino. In caso di malattia del figlio in età compresa fra 3 e 8 anni, possibilità di astenersi dal lavoro fino a 5 giorni all’anno:

Permessi retribuiti per lavoratori dipendenti con figli disabili in situazione di gravità (Legge n. 104/1992) minori di 3 anni. Spettano 3 giorni di permesso mensili più il prolungamento del congedo parentale. I giorni fruiti per il congedo parentale ordinario e per il prolungamento del congedo parentale non possono superare i 3 anni complessivi entro il compimento del 12° anno di età del bambino.

Dott.ssa Pioggiosi Jessica, psicologa per il benessere

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