La depressione post partum è una bestia schifosa

La depressione post partum è una bestia schifosa

Mi chiamo Mauro, sono un papà ed il compagno di Claudia. Circa otto anni fa, è nato Dante, la gioia della mia vita.
Scrivo questo post, sperando che tanti uomini, compagni, mariti, si informino in maniera reale su cosa sia la depressione post partum. Sperando che le istituzioni si facciano avanti sul sensibilizzare questo problema che è reale, tangibile, bastardo. Spero inoltre che anche le aziende ospedaliere, le associazioni di madri presenti sul territorio e sul web, facciano informazione sul problema a quanti più uomini possibile.
Otto anni fa è nato mio figlio. Dopo due giorni, hanno rimandato a casa la mia compagna con questo meraviglioso esserino. Io ho avuto la fortuna di stare al suo fianco in tutti i momenti, dal parto al ritorno a casa. Non so dirvi con esattezza il giorno, ma poco dopo agosto è iniziato un incubo. Un incubo che ha preso forma sotto piccole sfaccettature emozionali e di comportamento di lei.
Faccio una premessa: lei è l’amore della mia vita, un colpo di fulmine che dura da ormai tanti anni.
Notai quasi subito questi comportamenti: qualche crisi di pianto, qualche risposta un po’ con toni alti, qualche irritabilità di troppo, ecc… Non rimasi indifferente, cercai di parlarle, come sempre, per cercare di capire come potessi aiutarla. Spesso però, quel “niente” come risposta mi lasciava spiazzato ed attonito. Tante risposte di “donne più mature” furono qualcosa tipo: “E’ normale” “Dalle tempo” “Succede a tutte”, ma qualsiasi cosa mi si dicesse, dall’alto dell’esperienza materna già vissuta, io non mi sentivo assolutamente né a mio agio, né tranquillizzato. Conoscevo bene Claudia, sapevo che quella non era la normalità, sentivo che aveva bisogno di me.
Il giorno dopo, lei era sul divano ed il piccolo dormiva beatamente nella culla; ricordo che alla TV davano “i Goonies”, era un pomeriggio ancora caldo e le dissi che sarei andato a comprare le sigarette due minuti.
Appena uscito di casa però, nonostante il tabaccaio distasse solo un centinaio di metri, tornai indietro. Aprii la porta e la vidi distesa sul divano, faccia in giù, con un braccio penzolante ed una boccetta poco sotto che raccolsi immediatamente. C’era scritto “Valium”. L’aveva bevuta tutta.
Ho cercato di farla riprendere, mi ha risposto: “voglio solo dormire”. Sono rimasto a parlare con lei, anche quando non si riusciva più a distinguere quel che dicesse. Vi tralascio l’ansia, la paura, la consapevolezza che avrei potuto perderla. Le bagnai il viso, la alzai di peso e pareva piano piano riprendersi. La verità è che forse, Dio, aveva lasciato in quella boccetta qualche goccia e non di più, tale da farla dormire, ma non da essere letale.
Rimasi sconvolto, senza parole, perché mai lei, madre, compagna, aveva provato a suicidarsi consapevolmente? Proprio ora che aveva ottenuto ciò che più voleva?
La sera il piccolo dormiva ed anche lei era in camera, assieme. Nel mentre arrivò sua madre, alla quale spiegai l’accaduto. Pochi minuti dopo il piccolo si svegliò. Lei entrò nel salone, appoggiò il piccolo sul bordo del tavolo e tornò a dormire. Io scattai per prendere il piccolo prima che potesse cadere e sebbene entrambi le parlammo, lei non si curò di noi e tornò a letto. Giusto il tempo di parlarci, forse erano passati circa una decina di minuti, riapparve in salone, salutandoci e prendendo in braccio il bimbo così, come se nulla fosse accaduto.
Sia io, sia sua madre le spiegammo cosa fosse successo, ma lei sorrideva rispondendoci: “Ma vi pare che farei mai una cosa del genere?”, finché poi pian piano, si convinse e scoppiò in lacrime. Mi abbracciò e ci disse: “Ho bisogno di aiuto!”.
Cominciò per noi un lungo percorso presso il CSM (Centro di Salute Mentale), dove mi rendevo conto di quante donne, neo mamme, ci fossero nel silenzio di un dogma che non va detto; di un tabù sbagliato perché  “tanto lo fanno tutte”. E mi resi conto di essere solo, il solo uomo a girare per il CSM, visto quasi come un alieno sia dal personale medico sia dalle altre signore presenti. Mi chiedevo come mai non ci fosse nessun altro uomo, come mai le donne bisognose erano spesso accompagnate da madri o suocere o sorelle. E’ dunque così “sbagliato” occuparsi della propria compagna se sofferente da Depressione Post Parto? Si pensa che forse un uomo non sia all’altezza? No. La risposta invece è molto più subdola. “La depressione Post Parto va tenuta nascosta”. Non si deve vedere perchè altrimenti si è deboli! Esiste un sipario fatto d’ignoranza in materia che nasconde le paure delle nostre donne, sipario molto spesso, da non lasciare vedere cosa succede nemmeno se si prova a sbirciare. “La depressione post parto non esiste!” è “solo uno sbalzo ormonale” una cosa che “Tanto si fa figli dall’alba dei tempi”.
Ed è questo che mi manda in bestia.
Perché non fare informazione? Perché non spiegare anche ai mariti o compagni come riconoscere in tempo una depressione post parto? Perché ci deve essere volutamente tale silenzio? Siamo davvero in una società così di stampo “pseudo patriarcale” dove una donna deve sfornare figli e poi sorridere come non fosse successo alcun cambiamento? Ma stiamo scherzando?
Il percorso comunque durò mesi. Mesi nei quali lei vedeva cose che non c’erano, che si alternava tra alti e bassi, tra silenzi e parole casuali. Tra voglia di sorridere al mondo e voglia di piangere da sola in camera, al buio. Ed in quel buio anch’io in silenzio, seduto sulla sponda del letto e carezzandole la spalla, piangevo.
Avevo paura. Tanta. Di perderla così come la conoscevo. Razionalmente cercavo di sorridere sempre, di darle parole di conforto, di trovare un equilibrio forse anche per noi tutti. Non è stato facile affrontare questa bestia, è davvero la più infame e stronza che esista…
Ma Claudia ha vinto.
Claudia ha vinto contro tutti e contro questo schifoso sistema di omertà e malainformazione.
Contro il dogma del “tanto lo fanno tutte”, lei ha vinto, ha vinto contro ogni cosa. Ha vinto perché  ha scelto. Ha scelto di farsi aiutare, perché  ha affrontato ogni giorno con la consapevolezza di avere un bimbo e forse un compagno che erano l’aria che le mancava. Ha vinto perché  ha vinto la vita. Ha vinto perché ha voluto vincere. Ed è per questo suo mettersi in gioco, per questa sua caparbietà e per il suo amore, che lei è il mio eroe.
A settembre faremo tredici anni insieme, Dante ne compirà otto ad agosto, oggi, 5 luglio, è il suo compleanno ed io voglio portare avanti il messaggio al mondo maschile di informazione come regalo.
La bestia è anni che dorme in qualche angolo nascosto del suo animo, ma non abbiamo paura. Se dovesse mai ricomparire, l’affronteremo insieme. Come sempre. Perché questa cosa “da donna” sia invece una cosa “di entrambi”.
Un ultimo pensiero per gli uomini: non abbiate paura a chiedere, non abbiate remore ad informarvi. La depressione post parto esiste ed ha tante sfumature. Fatevi aiutare a riconoscerle, aiuterete le vostre mogli, e non abbiatene vergogna… potreste salvare una vita… quella che più avete a cuore…
Con affetto.
Mauro.

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp