L’art. 37 della Costituzione sancisce la tutela della lavoratrice madre per proteggere la sua salute e riconoscere il diritto ad un’assistenza adeguata del bambino. Nel corso degli anni, la disciplina sulla maternità è stata modificata riconoscendo e garantendo il ruolo di entrambi i genitori nella cura ed assistenza dei figli. Per creare un nucleo familiare fondato sulle pari opportunità, è essenziale coinvolgere entrambi i genitori nella crescita dei propri figli.
Quali sono i diritti e le tutele per i papà a lavoro?
Per il padre lavoratore sono previste una serie di tutele e diritti che, al fine di accudire e assistere il suo bambino, gli permettono di assentarsi dal lavoro nel corso dei primi anni di vita del figlio. Può assentarsi per determinati periodi di tempo senza che ciò pregiudichi il posto di lavoro e garantendogli un certo trattamento economico durante i periodi di assenza.
Alcune di queste tutele sono riservate a lui, altre in alternativa alla madre se questa non ne ha diritto o non possa fruirne.
In Italia, esistono normative che prevedono la paternità (obbligatoria e facoltativa) e vari tipi di congedo di paternità.
Vediamo quali sono le tutele e i diritti dei papà lavoratori attualmente in vigore.
Quali sono i diritti e le tutele per i papà a lavoro: dai congedi ai permessi
I figli non sono solo delle donne. I vari permessi, congedo di paternità e familiare hanno un impatto positivo sul benessere della famiglia.
Il Decreto legislativo, 26 marzo 2001, n. 151 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”) regola sia il congedo di maternità (astensione obbligatoria dal lavoro della madre lavoratrice) sia il congedo di paternità (astensione dal lavoro del padre lavoratore).
Con il Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 80 (“Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”), in attuazione dell’art. 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, sono state apportate diverse novità alla normativa vigente.
Investire nel potenziamento della tutela giuridica dei padri lavoratori fa bene alla famiglia ed alla società. E’ essenziale coinvolgere con sempre maggiore forza culturale e legislativa gli uomini, i padri lavoratori nella cura dei figli e della famiglia.
Attualmente, i padri lavoratori possono usufruire di diversi strumenti di tutela:
– Congedo di paternità per lavoratori dipendenti, per lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS e lavoratori professionisti;
– Congedo di paternità obbligatorio e facoltativo;
– Congedo parentale;
– Permessi giornalieri;
– Congedo per malattia del figlio:
– Permessi retribuiti per figli disabili.
Diritti e tutele per i papà a lavoro, come per le mamme, previsti dalla legge possono variare di anno in anno, subire modifiche ed aggiornamenti. Quindi, è bene informarsi visitando il sito dell’INPS per conoscere la situazione normativa in essere nel momento in cui s’intende usufruire delle tutele.
Congedo di paternità per lavoratori dipendenti
Tra i diritti e le tutele per i papà a lavoro, ritroviamo il congedo di paternità per i padri lavoratori con contratto subordinato dipendente. Consente l’astensione dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità (3 mesi dopo il parto) o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice (subordinata o autonoma) in caso di:
– morte o grave infermità della madre;
– abbandono da parte della madre;
– affidamento esclusivo al padre.
Nei casi elencati, al padre lavoratore spetta lo stesso trattamento economico previsto per il congedo di maternità. Il datore di lavoro provvederà ad anticipare l’indennità nella busta paga.
Congedo di paternità per lavoratori professionisti
Negli stessi casi previsti per il lavoratore dipendente (morte o grave infermità della madre, ecc.), il lavoratore professionista appartenente ad un ordine che richiede l’iscrizione a Casse previdenziali di categoria ha diritto al congedo di paternità.
Il professionista dovrà presentare la domanda e relative certificazioni all’ente o alla Cassa di appartenenza dalla data in cui si verifica l’evento previsto.
Congedo di paternità per lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS
Per gli stessi eventi riguardanti la madre del bambino già descritti, ai padri lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS viene riconosciuto il congedo di paternità, ovvero un’indennità pari a:
– l’80% di 1/365 del reddito derivante da collaborazione coordinata e continuativa per lavoratrici parasubordinate;
– l’80% di 1/365 del reddito derivante da libera professione.
L’indennità viene erogata direttamente dall’INPS.
Congedo di paternità obbligatorio e facoltativo
La legge 28 giugno 2012, n.92 ha introdotto il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, regolamentati poi dal Decreto 22 dicembre 2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Tale misura viene confermata annualmente dalla legge di Bilancio.
Per l’anno solare 2020, l’articolo 1, comma 342, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha aumentato a 7 il numero dei giorni di congedo di paternità obbligatorio (anche non continuativo) entro i successivi 5 mesi alla nascita del figlio. Vengono retribuiti al 100%, anticipati in busta paga dal datore di lavoro.
Il congedo di paternità facoltativo dura un giorno ed è fruibile previo accordo con la madre ed in sua sostituzione.
Il padre lavoratore dovrà comunicare in forma scritta al datore di lavoro la data prescelta per il congedo con preavviso di almeno 15 giorni.
Il congedo obbligatorio, come pure quello facoltativo, è previsto anche in caso di adozione o affidamento.
Congedo parentale
Il congedo parentale prevede l’astensione facoltativa per un periodo complessivo (conteggiato per entrambi i genitori) non superiore ai 10 mesi, per ogni figlio nei primi 12 anni di vita. Il padre lavoratore può richiedere il congedo per almeno 3 mesi: il limite massimo di astensione è di 6-7 mesi, mentre quello cumulativo è di 11 mesi.
Il padre lavoratore ha diritto all’astensione anche se la madre non ne ha diritto (se occupato o se non risulta lavoratore subordinato). Può beneficiare del congedo parentale anche simultaneamente al congedo parentale della madre oppure al periodo di congedo obbligatorio post partum della madre.
Permessi giornalieri
Il padre lavoratore ha diritto ai permessi giornalieri anche se la madre è casalinga se si verificano le seguenti condizioni:
– i figli sono affidati soltanto al padre;
– la madre lavoratrice dipendente non fruisce dei permessi;
– la madre non è lavoratrice dipendente;
– morte o grave infermità della madre;
– madre casalinga;
– parto plurimo.
Congedo per malattia del figlio
La tutela del padre lavoratore prevede anche il congedo per malattia del figlio. Si tratta di un congedo non retribuito. Alternativamente, i genitori possono astenersi dal lavoro per tutta la durata della malattia del figlio (in numero illimitato) fino all’età di 3 anni.
Per la malattia del figlio di età compresa fra 3 e 8 anni, i genitori hanno diritto di astenersi fino a 5 giorni all’anno (per ciascun genitore) senza doversi sottoporre ai controlli previsti per malattia del lavoratore.
In base ai chiarimenti del Ministero del Lavoro forniti con la circolare 79/76, per malattia del bambino s’intende la “modificazione peggiorativa dello stato di salute”: più precisamente “qualsivoglia alterazione anatomica e funzionale dell’organismo, anche localizzata, perciò non impegnativa delle condizioni organiche generali”.
Permessi retribuiti per figli disabili (legge n. 104/1992)
In base alla Legge n. 104/1992, i lavoratori dipendenti (anche se con rapporto di lavoro part time) con figli disabili in situazione di gravità hanno diritto a permessi retribuiti.
Tale diritto spetta soltanto ai lavoratori dipendenti, mentre non spetta a:
– lavoratori autonomi;
– lavoratori parasubordinati;
– lavoratori a domicilio (Circ. 80/95, punto 4);
– addetti ai lavori domestici e familiari (Circ. 80/95, punto 4);
– lavoratori agricoli a tempo determinato occupati a giornata (circ. 133 /2000 punto 3.3).
Ai genitori (anche adottivi o affidatari) di figli disabili in situazione di gravità minori di 3 anni spettano 3 giorni di permesso mensili (anche frazionabili in ore) ed il prolungamento del congedo parentale con diritto, per l’intero periodo, ad un’indennità pari al 30% della retribuzione.
I giorni fruiti per il congedo parentale ordinario + il prolungamento del congedo parentale non possono superare complessivamente i 3 anni entro il compimento del 12° anno di vita del bambino.
Ai genitori biologici (ma anche adottivi o affidatari) di figli disabili in situazione di gravità oltre i 12 anni di età spettano i 3 giorni di permesso mensili, anche frazionabili in ore.
Per poter beneficiare dei permessi, un requisito essenziale è la mancanza di ricovero a tempo pieno (24 ore) del figlio in situazione di disabilità grave presso strutture ospedaliere pubbliche o private o simili che assicurino assistenza sanitaria continuativa (circ. 155/2010).
I permessi fruiti a giorni ed a ore sono indennizzati in base alla retribuzione effettivamente corrisposta. I permessi concessi a titolo di prolungamento del congedo parentale fino al 12° anno di vita del bambino sono indennizzati al 30% della retribuzione effettivamente corrisposta.
Divieto di licenziamento
Il padre lavoratore in congedo di paternità, congedo parentale o per malattia del figlio non può essere licenziato per tutta la durata del congedo e fino al compimento di 1 anno di età del bambino. L’eventuale licenziamento nei suddetti periodi è da considerarsi nullo.
In tal caso, il padre lavoratore è tutelato dalla legge 300/1970 (modificata dalla legge 92/2012) e dal decreto legislativo 23/2015 (decreto attuativo del Jobs act).
Tali norme stabiliscono che il lavoratore licenziato nel periodo di congedo deve essere reintegrato nel posto di lavoro e risarcito dal datore di lavoro per il periodo compreso tra il giorno del licenziamento e quello dell’effettiva reintegrazione (indennità non inferiore alle 5 mensilità) con relativo versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Il lavoratore ha, oltretutto il diritto di opzione: può scegliere, in luogo della reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità.
Il divieto di licenziamento non viene applicato in caso di:
– colpa grave del lavoratore che costituisce giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
– cessazione dell’attività dell’azienda che lo ha assunto;
– esito negativo della prova;
– risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.
Smart working o congedo parentale straordinario in tempi di Covid-19
In tempi di Covid-19, con la riapertura delle scuole, il DL 111/2020 pubblicato in GU ed entrato in vigore il 9 settembre 2020 prevede la possibilità per il genitore lavoratore di svolgere il proprio lavoro in smart working.
L’art. 5 del DL 111/2020 consente al genitore lavoratore di svolgere la propria attività in smart working per un periodo corrispondente alla durata della quarantena (disposta dall’ASL) del figlio convivente a seguito di un contagio avvenuto a scuola. La misura riguarda figli minori di età inferiore ai 14 anni ed ha una scadenza: 31 dicembre 2020.
In caso di lavoro che non può essere svolto in smart working (che prevede la presenza sul posto di lavoro come operai, autisti, ecc.), uno dei genitori può usufruire di un congedo straordinario con indennità al 50% della retribuzione diretta. Il calcolo viene eseguito in base alle modalità previste per i congedi parentali (di maternità e paternità) ex art. 23, senza c. 2, del D.lgs. 151/2001.
Come previsto nel periodo emergenziale, lo smart working o il congedo per assistere al figlio in quarantena non spetta se l’altro genitore è disoccupato oppure se beneficia di ammortizzatori sociali o svolga il lavoro in smart working.
Questo provvedimento vale soltanto per i lavoratori dipendenti: ad oggi, non è stata prevista nessuna misura simile per gli autonomi.