Papà non mammo, bisogna puntare sui congedi di paternità
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Papà non mammo, bisogna puntare sui congedi di paternità

Un argomento assai discusso e ancora al centro di grande dibattito, su cui è stato certamente fatto un grande salto di qualità rispetto al passato: ci riferiamo al congedo di paternità, una disposizione fondamentale che favorisce una più equa partecipazione dei padri nei compiti di cura della prole, da sempre ritenuti quasi prerogativa esclusiva delle madri. Ma se rispetto al passato abbiamo assistito a significative innovazioni legislative al riguardo, in realtà siamo ancora ben lontani dall’assicurare al padre un ruolo ben più profondo nella gestione della cura familiare, complice un vecchio retaggio culturale che vede la donna la parte maggiormente adatta ad esplicare il ruolo di cura dei figli.

Perché è necessario aumentare i congedi di paternità

Il potenziamento dei congedi di paternità e parentali rappresenta un tema sociale non più procrastinabile, soprattutto a fronte di una società che finora si è dimostrata poco attenta ai reali bisogni delle donne e madri. La nostra società, infatti, complice un vecchio retaggio culturale difficile da sradicare, si è dimostrata molto insensibile di fronte ai bisogni delle donne: ancora oggi, il lavoro di cura, oltre ad essere sottopagato o in molti casi non pagato affatto, continua a rimanere in gran parte appannaggio esclusivo delle donne.

Il sacrificio delle donne

Il tempo considerevole che le donne occupano nella gestione delle attività di cura familiari mal si conciliano con la possibilità delle stesse di avviarsi al lavoro, mantenere un ruolo professionale e fare carriera. Le donne si trovano spesso nella condizione di effettuare una scelta: o il lavoro o la famiglia, una posizione professionale o dei figli.
Tutto ciò porta a una conseguenza facilmente prevedibili: nel nostro Paese il tasso di occupazione femminile è assai basso, così come quello di nuove natalità. Abbandonare piani e progetti, scegliere tra il lavoro e la famiglia, tra la carriera e la possibilità di realizzarsi professionalmente: sono tutti fattori che la donna si vede costretta a valutare prima di mettere in conto un progetto di famiglia, e sono fattori che mal si conciliano con il diritto delle donne a crescere nel mondo del lavoro e ad esprimere le proprie potenzialità, ragion per cui è necessario promuovere un cambiamento drastico nelle coscienze sociali, non solo in una ormai obsoleta legislazione che di fatto impedisce alle donne di fare carriera e sviluppare la propria personalità, ma anche in vista di un superamento del vecchio retaggio culturale che la vede maggiormente adatta nella gestione dei compiti di cura familiari. Conseguenza immediata di questa concezione è infatti soltanto una: per le donne oggi è estremamente difficile fare carriera, il lavoro di cura continua ad essere tutto sulle loro spalle, non a caso ancora oggi, dopo aver messo al mondo un figlio, le donne perdono il lavoro 5 volte più degli uomini.
È dunque innegabile che il sistema dei congedi sia da rivedere interamente, per garantire una maggiore dignità e tutela della donna e il suo diritto di affermarsi dal punto di vista professionale.

L’impegno di WeWorld nel promuovere l’empowerment femminile

A fronte di tali considerazioni, nel corso dell’aprile del 2021, WeWorld si è posta l’importante obiettivo di promuovere l’empowerment economico femminile tramite una proposta di grande impatto culturale: estendere ulteriormente i congedi previsti dalla legge a favore del padre e della madre, allo scopo di promuovere una cultura sensibile alla condivisione dei compiti di cura e di accudimento tra i due ruoli nella gestione familiare. Ma per capire a fondo ciò che si tratta, è necessario analizzare la normativa attualmente vigente in Italia in tema di congedi.

Si chiama papà, non mammo

Si chiama “Papà, non mammo” è la nuova indagine Ipsos per WeWorld sui congedi parentali e di paternità che è stata presentata alle istituzioni lo scorso 19 maggio in occasione del WeWorld Festival.

I dati principali emersi sono:

  • La quota di donne che hanno lasciato il lavoro dopo la nascita dei figli è 5 volte superiore rispetto a quella degli uomini: 25% contro 5%.
  • 6 padri su 10 pensano che l’attuale congedo di paternità sia breve.
  • 9 su padri su 10 ritengono che un papà che può permettersi di prendere il congedo per occuparsi dei figli sia fortunato

Qui si può accedere al report completo “Papà, non mammo” mentre queste sono le proposte concrete di WeWorld Onlus:

  • Estendere la durata del congedo obbligatorio di paternità da 10 giorni a 3 mesi;
  • Introdurre un congedo parentale specifico e riservato alla madre e uno riservato al padre della durata di 6 mesi da considerarsi diritto individuale e, quindi, non trasferibile da un genitore all’altro;
  • Estendere i congedi a tutte le categorie di madri lavoratrici e padri lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici), prevedendo l’introduzione di soluzioni alternative (come i sussidi) per lavoratori e lavoratrici autonome e liberi professionisti.

Questa nuova “cultura dei congedi”, si propone inoltre di estendere questi due istituti di congedo a tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, sia madri che padri, con la possibilità di introdurre altre soluzioni come sussidi o indennità a favore di categorie di lavoratori e lavoratrici autonomi. Delle proposte dal pregio indiscutibile, che contribuiranno a costruire finalmente una nuova cultura di condivisione sradicata da stereotipi di genere.

Il linguaggio è importante, iniziamo a stabilire che un uomo che si occupa dei propri figli si chiama papà, non mammo!.

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