Vorrei essere papà: a proposito di infertilità maschile
infertilità maschile

Vorrei essere papà: a proposito di infertilità maschile

Il punto di vista di un uomo

Ciao a tutti, sono Niccolò, ho 30 anni e da quasi 4 non sono papà.

Avete capito bene, non ho sbagliato.

Da 4 anni infatti, io e mia moglie cerchiamo di risolvere i nostri guai legati alla fertilità e diventare genitori. Una storia per alcuni aspetti affascinante e per larghi tratti deprimente, fatta di alti e bassi.
Se avessi un biglietto da visita dedicato ci sarebbe scritto:
Aspirante Papà. Infertile per Professione. Ironico per Hobby.

Cercherò di raccontarvi alcuni passaggi chiave, utili non tanto a farvi conoscere i dettagli di questo aspetto così rilevante della nostra vita quanto piuttosto a presentarvi il progetto “Vorrei Essere Papà”.

Ma andiamo con ordine. E soprattutto datemi fiducia, la parte migliore è la fine!

La nostra storia

Ci siamo sposati nel 2017 e sin da subito abbiamo ricercato una gravidanza. O meglio, non abbiamo messo limiti alla vita utilizzando contraccettivi o evitando i rapporti nei momenti (teoricamente) fertili.

Nulla di “mirato”, normali rapporti liberi certi di raggiungere l’obiettivo in qualche mese al massimo.

Solo che i mesi diventano 6, poi 12, poi 18 e di un test di gravidanza positivo nemmeno l’ombra.

Mia moglie comincia ad accusare il colpo e io comincio a pensare, anche guardandomi intorno (tutti i nostri amici sono già diventati genitori) che effettivamente qualche cosa che non va possa esserci.

Lei ha già cominciato tutta una serie di accertamenti, io ho il terrore di farlo.

Lei non sembra avere particolari problematiche ((dico sembra perché il tempo dimostrerà che invece i problemi ci sono eccome!), io tergiverso fin quando possibile perché ormai certo di essere io la causa della nostra situazione.

Il primo spermiogramma

A Gennaio 2019 finalmente mi decido e inizio le mie indagini. Dal primo spermiogramma emerge un grosso problema di morfologia e motilità. Baratro. Sono sopraffatto dallo sconforto e da un enorme senso di colpa, ho appena scoperto di essere la causa della sua sofferenza.
“Non sono in grado di darti un figlio.”
“Non sono all’altezza di darti ciò che hai sempre desiderato.”
“È colpa mia.”

Il calvario delle visite e degli esami

Per giorni e giorni vado avanti così, chiuso in un silenzio che grida rabbia, amarezza e delusione.

Oltre al senso di colpa commetto l’errore di confondere l’infertilità con la virilità.

Tipicamente maschile direte, e avete ragione, ma è tutto in pezzi. Io sono a pezzi.

Come se non bastasse nello stesso periodo mia moglie lavora (e guadagna) poco e tutte le nostre risorse economiche vanno via tra visite, analisi e consulti. Il 2019 è un anno frenetico in cui passo per 2 ospedali, 3 laboratori, e 3 andrologi. Migliaia di euro che non abbiamo, centinaia di lacrime, chili di rabbia ma anche di gratitudine, perché veniamo aiutati. Soprattutto economicamente per sostenere l’impegno.

Nel frattempo mia moglie non resta incinta e l’unica novità è una diagnosi, per me, di varicocele: 2/3° grado a sinistra.

A detta di tutti inutile da operare.

Tramite un conoscente arrivo da un nuovo andrologo che mi consiglia di operarmi perché ritiene possano esserci dei margini di miglioramento.

Ci mancava solo il Covid19

È Febbraio 2020 e il Covid19 sta per travolgere il mondo.

L’intervento salta e viene rimandato a Settembre 2020. Riesce e tre mesi e mezzo dopo il mio spermiogramma è piuttosto buono.

Ma mia moglie non resta incinta e l’unica via di uscita che tutti, e lo ripeto, tutti ci prospettano è un percorso di PMA. Senza una diagnosi e senza nemmeno essere stati catalogati come “sine causa”.

E a me non sta bene. A noi non sta bene. Vogliamo sapere cosa non va. Risolvere se possibile.

Per tanti motivi, ne cito due:

  1. Avere un figlio NON è un diritto. Magari risulterò impopolare ma sono profondamente convinto del fatto che il mio desiderio di paternità, il nostro desiderio di diventare genitori, non giustifichi ogni mezzo che “by-passa” i problemi esistenti. Massimo rispetto per le opinioni e le scelte di tutti, sia chiaro;
  2. A proposito di problemi, credo che la salute di un individuo sia il tema rilevante. Certo diventare genitori è l’obiettivo, ma chi ha problemi di infertilità ha spesso problemi di salute (le ripetizioni qui sono volutamente ricercate!). E spesso questi problemi sono sintomatici e procurano, specialmente nelle donne, disagio e sofferenza. Allora vogliamo risolverli questi problemi o, dato che la tecnologia ci aiuta, arriviamo all’obiettivo del concepimento in altro modo?

L’infertilità maschile dal punto di vista di un uomo

E arriviamo all’ultimo capitolo della nostra storia, almeno sino a qui, che oggi ci vede agli inizi di un percorso con la naprotecnologia, una metodologia in cui la salute è il centro, la fertilità è ciò che va ricercato e la medicina è molto utile si, ma per le diagnosi e la risoluzione delle criticità, ove possibile ci mancherebbe. Mai sentita nominare? Non mi sorprende, non è un business redditizio quanto la PMA! Forse non diventeremo genitori ma probabilmente miglioreremo la nostra salute.

Bene, ora che mi sono presentato è bene che vi dica perché sto scrivendo questo articolo.

Nel corso di questi anni sono venuto a contatto con tante, tantissime esperienze di infertilità. Dirette, indirette, online. Soprattutto online. Ma più di tutto e ovunque, esperienze femminili.

Dagli uomini nulla. Delle loro storie, le emozioni, le paure. Niente.

Non una parola sulle difficoltà che incontra un maschietto, sull’umiliazione di uno spermiogramma con un campione raccolto in un minuscolo bagno di un laboratorio, sulla rabbia che spesso è il mezzo con cui cerchiamo di esprimere altre emozioni, sulla frustrazione, sul dolore nel vedere la sofferenza di mogli, compagne e fidanzate. Niente sui complessi, tutti maschili, legati alla virilità. Niente sui rapporti programmati, sugli integratori, sulle montagne di soldi spesi.

Puoi facilmente trovare donne che pubblicano in rete i valori degli esami dei loro partner.

Quasi impossibile trovare il racconto di un uomo, altri con cui confrontarsi, sostenersi.

Ecco la mia idea

Creare uno spazio per gli uomini. La community del maschio infertile o che vive nella coppia un problema di infertilità.

Dove potersi raccontare, esprimere, sfogare, trovando altri “simili”.

Decido quindi di aprire un profilo Instagram. Lo chiamo “Vorrei Essere Papà”, @vorreiesserepapa (l’accento non si può inserire, ma tranquilli non sto puntando al trono di Pietro!).

Mi occupo di pubblicità e la prima cosa che si fa quando si deve realizzare un lavoro è analizzare il mercato. Quando sentite parlare di analisi di mercato non fatevi spaventare, si tratta di andare a vedere cosa fanno gli altri per capire cosa si può copiare, cosa è meglio evitare e cosa si può fare meglio.

Il settore è ricco di esperienze anche molto riuscite. Tutte al femminile e (quasi) tutte interessanti.

Tutte tendenzialmente tristi però.

Capiamoci. So bene cosa si vive, la sofferenza, il dolore. Lo so.

Proprio per questo la prima cosa che decido è di non voler essere triste, di non voler gestire una pagina in cui mi piango addosso parlando di quanto la vita sia ingiusta con me e mia moglie. C’è spazio anche per questo, non posso dimenticare quanto sia dura. Ma posso sorridere dei miei guai. Magari non tutti i giorni, ma posso farlo.

E ho una grande risorsa: sono un uomo.

Chi meglio di me può rendere divertente qualcosa che non lo è affatto?

I primi post riscuotono grande successo nella “comunità infertile”, comincio a ricevere richieste di collaborazioni, richieste, iniziative. Vengo letteralmente assalito di messaggi di donne e uomini che mi ringraziano per avere creato uno spazio per dar voce al silenzio maschile.

Mi rendo conto che il progetto, nato quasi per svago come uno sfogo per me, può essere un aiuto per tanti.

Ed ecco, poi giuro che la smetto di annoiarvi, il perché di questo articolo:

Ci sono tanti uomini, decine di migliaia solo in Italia, che come me vi guardano desiderando solo di poter essere come voi.

Chiudete gli occhi e pensate alla prima ecografia, alla prima volta che avete sentito il cuore battere, al parto, alla prima volta che vi hanno chiamato “papà”, ai primi passi, alle festività insieme.

Ora riapriteli.

Noi siamo quelli che desiderano tutto questo. Forse ce la faremo, forse no. Certamente, ogni giorno combattiamo una guerra fatta di tante battaglie nelle quali partiamo quasi sempre sconfitti e dobbiamo compiere un miracolo. Ecco, noi cerchiamo un miracolo.

E capita di essere stanchi, di sentirsi soli, persi. Capita di volersi arrendere.

Soprattutto capita, quasi a tutti noi, di non riuscire a parlarne.

È importante sapere di essere sostenuti, esattamente come forse voi avete a volte la necessità di sentirvi sorretti nelle difficoltà che incontrate come padri.

Dateci il vostro sostegno. Aiutateci ad alimentare la speranza che un giorno, come voi, saremo super papà.

Il progetto Vorrei Essere Papà

E se avete amici o coppie di amici che stanno affrontando la battaglia dell’infertilità fategli sapere di @VorreiEsserePapa, non potete immaginare il bene che potreste fargli.

Un articolo promozionale dunque? Si, perché è fondamentale promuovere una realtà, quella maschile, quasi invisibile nei discorsi legati ai problemi di fertilità.

Ma anche un articolo di cuore, perché vivo questa realtà ogni giorno, so quanti uomini si trovano nella mia stessa situazione e so quali macigni si portano dentro.

E vorrei aiutarmi e aiutarli, possibilmente sorridendo insieme.

Ringrazio Superpapà per avermi concesso questo spazio e se vi interessano i temi che vi ho raccontato, seguitemi su Instagram: @vorreiesserepapa.

Niccolò Gusso

Vorrei essere papà
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