Nell’edizione online di “Vanity Fair”, Daria Bignardi è di recente intervenuta con un approfondimento dal titolo “Una ricetta magica”.
Un titolo che è tutto un programma, essendo il web estremamente ricco – per non dire saturo – di vademecum miracolosi, ma che nelle intenzioni dell’autrice non costituisce una provocazione. Il senso è riassunto efficacemente nell’incipit.
Non fare… niente
“Donne con famiglia che state per partire per le vacanze – scrive Daria – attenzione perché ora vi do un consiglio che vi cambierà la vita: quest’anno, in casa, non fate un cazzo. Avete già dato durante il lockdown, e anche troppo avete già dato nella vita: almeno in queste vacanze post confinamento non fate niente. Fatelo soavemente, gentilmente, col sorriso, senza sensi di colpa: rilassatevi, nuotate, camminate, leggete e in casa fate il meno possibile”.
Nel seguito argomenta le ragioni per non farlo e soprattutto si profonde in raccomandazioni per rendere il risultato alla portata. “Non controllate, non gestite, non puntualizzate, non decidete”. E aggiunge: “Ve lo meritate. E se lo meritano anche loro”. Sottinteso: gli altri componenti della vostra famiglia.
Responsabilizzare e deresponsabilizzarsi
L’idea quindi di deresponsabilizzarsi e responsabilizzare gli altri, o meglio rilassarsi e lasciar correre. Evitare il controllo, evitare i sensi di colpa, fare in modo che per una o due settimane, o quel che dureranno le ferie, il mondo decida di andare come e dove desidera.
Non a caso specifica: “È bello e rassicurante sentirsi necessari, prendersi cura dei propri cari, lo so che il vostro sguardo capisce cosa è meglio per loro, ma lasciate che lo scoprano da soli. Gli farà benissimo, e anche a voi”.
Gli uomini sanno come si fa
Ma il vero motivo che conduce la ricetta della Bignardi su queste colonne è nella chiusa a effetto. “Gli uomini la conoscono (la ricetta, ndr) e ne custodiscono il segreto, consapevoli del potere che gli dà riposarsi, farsi i fatti propri, non rompere le scatole e lasciare che il lavoro sporco lo facciano gli altri”. Parafrasando: gli uomini conoscerebbero i benefici di un sano e rigenerante riposo, l’utilità di interessarsi solo a ciò che risulta necessario, evitando di risultare petulanti (diciamo così!), e sarebbero anche tendenzialmente dei fancazzisti. Se solo in vacanza o anche nella vita di tutti i giorni non è dato saperlo, ma voglio credere che il riferimento sia allo stesso arco di tempo limitato.
Esempio buono o cattivo?
Dato per assunto questo, il dubbio che mi coglie è un altro: se per una volta gli uomini vengano presi ad esempio per la capacità di staccare, mollare il colpo, attribuire il giusto valore alle cose in generale e al riposo o se il discorso sia più profondo e contempli, se non altro, un’elegante reprimenda per entrambi i sessi. Da un lato, per la mania di controllo e la consuetudine di stare sempre e troppo sul pezzo; dall’altro per la cattiva abitudine di adagiarsi sull’onnipresenza e onniscienza altrui.
Per una volta, però, vorrei provare ad andare oltre, a non soffermarmi sulla disparità tra sessi e sul rischio sempre incombente di incorrere in generalizzazioni nei confronti degli uni e degli altri.
L’osservatorio personale
L’esperienza e il mio personale osservatorio mi portano alla forse banale constatazione che con le generalizzazioni si perdano sempre il senso e i benefici di un confronto sano. Qualsiasi affermazione o presa di posizione sarà sempre suscettibile di eccezioni in termini positivi e negativi. Vedo mio padre, uomo di un’altra generazione, prendersi cura della casa ancora oggi, adoperarsi in commissioni, dividersi i compiti con mia madre e allo stesso tempo vedo coetanei che in casa non muovono un dito, per i figli sono presenze quasi impalpabili influendo così in maniera negativa sugli equilibri familiari e sul rapporto con le rispettive mogli. Va da sé che, a differenza di quanto dica Daria, ho conosciuto anche uomini maniaci del controllo e costantemente sul pezzo al punto da non riuscire mai a rilassarsi e donne brave a mettere da parte i sensi di colpa e capaci di prendere legittimamente del tempo per sé, felici di farlo.
Il diritto alla disconnessione
Sono sicuro che ciascuno di voi potrà portare altrettante esperienze personali e non, tanto da rendere risibile ogni tentativo di dimostrare una tesi in termini assoluti. In questo senso è probabilmente più utile soffermarsi sul senso della ricetta proposta nell’articolo, a prescindere dai suoi destinatari. Parliamo dell’importanza del riposo o, per dirla con un’espressione molto diffusa in questi tempi di smart working, sul legittimo diritto alla disconnessione.
Per molto tempo, io per primo mi sono sentito accusare di non rilassarmi mai, non essere capace di staccare, di essere sempre alle prese con progetti vari ed eventuali al fine di tenere la mente impegnata. Una deriva tale da confondere le ferie con del tempo utile per progetti “altri” e diversi da quelli lavorativi. Sono arrivato persino a pensare di tatuarmi sul braccio il monito “Qui e ora” (o “Hic et nunc”, giusto per legittimare gli studi classici) per ricordare a me stesso l’importanza di vivere il presente e mollare il colpo. Almeno qualche volta.
Qui e ora
L’aspetto più singolare è che a rendere inutile il tatuaggio ci ha pensato proprio l’arrivo di mia figlia Carlotta. Niente come la presenza di un figlio è funzionale a comprendere la necessità di vivere minuto per minuto, godersi il momento, soddisfare i bisogni e le contingenze e non spingersi troppo oltre. Non è automatico, non è un effetto indotto da un siero somministrato contestualmente al primo vagito, ma è una circostanza pressoché inevitabile. Allo stesso modo niente come un figlio sa farti avvertire la necessità di una vacanza, di ritmi più lenti e per certi versi di abbassare un po’ la guardia. Si chiamano vacanze perché contemplano l’uscita dalla routine e dalla quotidianità e in tal senso è legittimo per i genitori allentare la morsa di “educazioni siberiane” varie ed eventuali concedendosi anche il lusso di viziare i propri figli. Un gelato in più non ha mai portato fuori strada nessun bambino e una coccola in più da parte dei nonni, specie se generalmente distanti durante l’anno, non ha mai messo in discussione nessuna autorità genitoriale.
Quindi cara Daria, anche se mi hai dato del fancazzista, sono d’accordo con te!
Mirko Cafaro