Il bambino deve dormire fino a 3 anni solo con la madre?
dormire con papà

Il bambino deve dormire fino a 3 anni solo con la madre?

Come abbiamo discusso sul nostro blog di Genitore Informato, la recente sentenza della Corte di Cassazione italiana sull’affidamento congiunto prima dei tre anni ha sollevato un acceso dibattito sulla questione dell’affidamento dei figli nei primi anni di vita.

La sentenza stabilisce che, fino al compimento del terzo anno, il minore dovrebbe dormire con la madre, limitando significativamente il tempo che il padre può trascorrere con il figlio, specialmente di notte. Questa decisione solleva importanti interrogativi sulla parità genitoriale e sul benessere del bambino.

Secondo la sentenza, il padre avrebbe diritto di visita solo per due pomeriggi alla settimana, senza pernottamento, fino al terzo anno di età del figlio. Ciò crea preoccupazioni sulla parità dei diritti genitoriali e sul principio di bi-genitorialità.

Solleviamo qualche dubbio

Nonostante alcuni esperti abbiano accolto positivamente questa sentenza, noi che lavoriamo quotidianamente con il sonno dei bambini e con i genitori, vogliamo “provocare”, sollevando alcune riflessioni critiche:

  1. La decisione sembra basarsi su stereotipi di genere obsoleti che considerano la madre come l’unica figura in grado di prendersi cura adeguatamente di un bambino piccolo.
  2. C’è una palese violazione del principio di bigenitorialità, ignorando l’importanza del legame padre-figlio nei primi anni di vita.
  3. La sentenza non tiene conto delle specificità di ogni situazione familiare, applicando un approccio “one-size-fits-all” che potrebbe non essere nell’interesse del minore in molti casi.
  4. Limitare drasticamente il tempo che un bambino può trascorrere con il padre potrebbe avere conseguenze negative sullo sviluppo emotivo e relazionale del minore.
  5. Questa decisione potrebbe scoraggiare la collaborazione tra i genitori, creando invece un ambiente di competizione e risentimento.

Quando è presente il papà

Numerosi studi hanno dimostrato i benefici di un coinvolgimento paterno precoce e costante nello sviluppo del bambino, inclusi un migliore sviluppo cognitivo e linguistico, maggiore sicurezza emotiva, migliori competenze sociali e riduzione dei problemi comportamentali. La sentenza sembra ignorare queste evidenze scientifiche.

Il principio guida in tutte le decisioni riguardanti i minori dovrebbe essere il “miglior interesse del bambino”. Un vero approccio centrato sul benessere del bambino dovrebbe considerare le capacità e la disponibilità di entrambi i genitori, l’ambiente domestico offerto, la stabilità emotiva e psicologica, le risorse economiche e sociali a disposizione e la capacità di cooperare nell’interesse del bambino.

Conseguenze negative di questa sentenza

L’applicazione rigida di questa sentenza potrebbe portare a conseguenze negative come l’alienazione paterna, l’aumento delle tensioni tra i genitori, un carico eccessivo di responsabilità per le madri e uno sviluppo emotivo sbilanciato del bambino.

Non è il primo (e probabilmente non sarà l’ultimo) caso in cui la giustizia è sbilanciata a sfavore dei padri.

Aspetti da tenere in considerazione

È fondamentale che il sistema giuridico evolva verso un approccio più equilibrato e flessibile nell’affidamento dei minori. Questo approccio dovrebbe:

  1. Valutare caso per caso, considerando le specificità di ogni situazione familiare.
  2. Promuovere la co-genitorialità e la collaborazione tra i genitori.
  3. Basarsi su evidenze scientifiche aggiornate sullo sviluppo infantile.
  4. Considerare le competenze e la disponibilità di entrambi i genitori, indipendentemente dal genere.

Speriamo di vedere in futuro scelte più sensate e basate sulla reale conoscenza delle situazioni familiari e un po’ meno su interpretazioni arbitrarie che, nella maggioranza dei casi, mettono i padri in condizioni di inferiorità anche quando non ci sono i presupposti per farlo.

Severino Cirillo

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp