Chi sono gli hikikomori?
La sindrome di hikikomori è un fenomeno tanto diffuso quanto ancora sconosciuto. Nata in Giappone, riguarda soprattutto la popolazione maschile nella fascia d’età che va dai 14 ai 30 anni. Ne soffrono anche le ragazze ma in forma minore. Secondo il Ministero della Salute giapponese, l’hikikomori è una persona rimasta isolata a casa per almeno sei mesi consecutivi senza andare a scuola o al lavoro e che raramente ha interagito con persone esterne alla propria famiglia. Il termine è stato coniato negli anni ’90 dallo psicologo nipponico Tamaki Saito e all’inizio designava tutti coloro che, in seguito all’isolamento, erano diventati individui sociopatici.
Dal caso del giovane hikikomori giapponese della prefettura di Niigata che sequestrò e tenne reclusa nella sua stanza una bambina di nove anni ad oggi, le cose sono molto cambiate. Non si parla più di individui pericolosi ma di giovani adulti che soffrono di questa sindrome e che decidono semplicemente e all’improvviso di non interagire più con il mondo esterno. Si chiudono nella loro stanza, limitano i contatti anche con la propria famiglia e hanno come unica compagnia il computer e i propri pensieri. È un piccolo esercito silenzioso, ma il silenzio che li avvolge è tra i più rumorosi e preoccupanti.
La sindrome di hikikomori può essere considerato come un volontario isolamento sociale segno di un profondo disagio giovanile che assume una grande importanza considerando il fatto che riguarda gli adolescenti.
Il fenomeno non è confinato in Giappone, anzi si sta diffondendo sempre di più anche nel resto del continente asiatico e nei paesi occidentali. In Italia si stima che attualmente ci siano almeno 100mhikikomori significatoila casi.
Cause
Le cause possono essere molteplici e sono ancora oggi oggetto di studio. In ogni caso si può affermare che gli hikikomori siano ragazzi sensibili e particolarmente introversi con un quoziente intellettivo nella norma e spesso superiore. Queste caratteristiche contribuiscono a rendere abbastanza difficile instaurare delle relazioni interpersonali soddisfacenti e li rendono particolarmente vulnerabili nei confronti delle difficoltà che si incontrano quotidianamente nel dover vivere in una società sempre più competitiva e che presenta modelli di successo con attitudini molto differenti dalle loro. Sono spesso ragazzi vulnerabili, particolarmente suscettibili alle sconfitte e alle delusioni. Spesso hanno rapporti familiari difficili, nell’esperienza giapponese, provengono da famiglie con una figura paterna assente e una materna abbastanza ingombrante.
Sono frequentemente vittime di bullismo e il rifiuto della scuola deve subito suonare come un campanello d’allarme.
La conseguenza è una progressiva demotivazione del ragazzo che tende sempre di più ad isolarsi per evitare il confronto, fino ad un completo rifiuto di una vita sociale.
Aiutare un hikikomori
Non è facile relazionarsi con un figlio hikikomori, occorre superare la paura, la rabbia e a volte anche la delusione forse più nei confronti del proprio ruolo genitoriale che verso il ragazzo. Inizia quindi tu a elaborare questo insieme di sentimenti e poi dedicati a lui. Il percorso non è semplice ma attraverso piccoli passi è possibile strappare l’adolescente dall’abbraccio perverso di questa sindrome. Non incolpare la tecnologia, l’hikikomori è nata quando ancora i pc erano delle pure utopie. La dipendenza da internet, quando presente, è sempre una conseguenza, mai una causa.
Ricorda una cosa fondamentale: l’hikikomori non può essere strappato all’improvviso dal rifugio sicuro della sua cameretta e soprattutto di sicuro non vorrà farlo. Molto spesso gli hikikomori non riconoscono neanche di avere un problema per cui rifiutano qualsiasi forma di aiuto si cerca di offrire loro. Inizia quindi a risvegliare la sua mente intorpidita con una serie di attività manuali da svolgere dentro la sua stanza. Un puzzle, un modellino, un disegno, un progetto da realizzare con l’ausilio delle sole mani: questo è l’inizio.
Sicuramente un supporto psicologico sarebbe l’ideale, ma non bisogna solo riuscire a convincere un hikikomori ad andare da uno psicologo, è anche necessaria la sua collaborazione nei confronti di un percorso che è prima di tutto individuale. Bisogna creare la motivazione.
In conclusione, permettimi di scrivere un luogo comune, tanto abusato quanto vero: prevenire è meglio che curare, soprattutto in questo caso. E la miglior prevenzione della Hikikomori ha un solo nome: educazione emotiva. Abituare i nostri i figli a esternare e a parlare di sentimenti è il primo mattone per costruire una vita di relazione sana e proficua.