Roby Facchinetti si racconta a Superpapà
Roby Facchinetti

Roby Facchinetti si racconta a Superpapà

La lunga carriere di un artista speciale:
ROBY FACCHINETTI SI RACCONTA A SUPERPAPÀ

Parli di grandi artisti italiani e pensi subito a Roby Facchinetti, musicista completo e voce storica dei Pooh. Ma noi di Superpapà vogliamo raccontare il Facchinetti più privato, l’uomo che accanto a una grande carriera che ancora oggi non manca di emozionare i suoi moltissimi fan ha accompagnato sino all’età adulta cinque figli. La prima Alessandra, nota stilista, nasce nel 1972. L’ultima, Giulia, è del 1991. Nel mezzo sono nati Valentina (1977), Francesco (1980) e Roberto (1987). Proprio con Francesco, che dal padre ha ereditato un grande amore per la musica e con cui ha partecipato anche al Festival del 2007, attualmente Roby è alle prese con la bella esperienza di The Voice, talent show in onda su Raidue, dove i due condividono la curiosa poltrona di giudice unico, dovendo insomma condividere pensieri, idee e soprattutto decisioni.

Ecco l’intervista del nostro Emanuel Di Marco realizzata in esclusiva per Superpapà.it!

Roby, nel ringraziarla per la grande disponibilità vogliamo partire proprio da quest’ultima esperienza televisiva con suo figlio Francesco. Come vi trovate a lavorare in coppia?

Questa idea ci è stata proposta dalla produzione, e devo ammettere che in un primo momento pensavamo a uno scherzo… Si tratta di una formula inedita per l’Italia, e curioso era soprattutto il poter condividere la cosa con mio figlio e viceversa. Abbiamo presto compreso che non era uno scherzo, anzi una bella opportunità per noi: poter vivere insieme un’avventura nuova e diversa è stato anche stimolante. Pur con tutti i rischi del caso, perché non conoscevamo le dinamiche che si sarebbero potute creare. La richiesta della produzione era quello di creare una certa complicità, anche perché è necessario prendere una decisione nel giro di soli novanta secondi. Fortunatamente, contrariamente a ciò che avremmo potuto pensare, essere padre e figlio ha fatto sì che vi fossero di fondo delle alchimie particolari. Abbiamo capito che per decidere insieme può bastare anche un solo sguardo. Ci siamo sentiti quindi immediatamente a nostro agio, e devo dire che ci stiamo divertendo molto, guai se non fosse così. L’esperienza a The Voice terminerà a fine maggio, siamo contenti del fatto che – al di là che delle nostre previsioni – la trasmissione stia piacendo, speriamo di aver portato anche noi una nota di novità apprezzabile.

Tornando indietro nel tempo, come ha saputo coniugare la sua vita da artista con quella da papà?

Non è stato assolutamenete facile, sono diventato padre molto giovane. L’anno prima della nascita di Alessandra ho vissuto i primi grandi successi con i Pooh, con Pensiero e Tanta voglia di lei. Il lavoro mi ha portato via molto da casa, ho visto crescere i miei figli solo in parte, e ho puntato sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Quando ero a casa, ovviamente, cercavo di fare il padre a 360 gradi, portando i bambini all’asilo e a scuola, cercando poi di far sentire comunque la mia vicinanza anche quando ero via. Ho poi cercato di portarli con me, cosa spesso successo. Basti pensare che Francesco mi ha seguito in tournee a soli 40 giorni di vita! Ho provato insomma a far vivere ai miei figli il mio mondo, e devo dire che loro – compatibilmente con gli impegni scolastici – si sono trovati bene, non aspettavano altro che poter venire con me. Ciò ha avuto una grande importanza, hanno compreso cos’era il mio lavoro e quali tipi di sacrifici comportasse. D’altronde ogni attività ha le sue difficoltà, quando si vogliono ottenere risultati occorre davvero darsi da fare. I miei figli amano la musica anche perché hanno avuto modo di respirarla attorno al palco ma pure in casa. Come papà ho cercato poi di essere compagno e amico, con la giusta severità quando è stato necessario. Tutto questo con le inevitabilità difficoltà che hanno i genitori: con i figli si rischia sempre di sbagliare.

Quali valori in particolare ha voluto trasmettere ai suoi figli?

Ho cercato di fornire loro gli esempi giusti. Ho capito che i discorsi non vengono molto ascoltati, soprattutto in un periodo difficile come quello dell’adolescenza. A 12-13 anni i ragazzi faticano a seguire ciò che dicono gli altri, ma sono al contempo facilmente influenzabili, basta un’amicizia sbagliata… I valori che i miei figli hanno assimilato strada facendo hanno avuto un’importanza enorme, e me li tengo stretti. Tra le grandi fortune che ho avuto nella mia vita c’è stata quella di avere figli sani sotto ogni punto di vista, che hanno assorbito i valori lasciati loro in dote dai genitori.

Secondo lei negli ultimi decenni come è cambiato, se è cambiato, il ruolo paterno all’interno del nucleo familiare?

Negli anni Sessanta abbiamo vissuto una rivoluzione musicale ma anche generazionale. All’epoca i rapporto padre-figlio era diverso, era impostato sul “noi siamo i genitori e tu devi fare ciò che diciamo”, a prescindere dall’età. E proprio negli anni Sessanta è giunta questa grande rottura generazionale, una fase in cui la musica ha avuto un ruolo importantissimo: attraverso di essa i giovani hanno potuto mostrare una loro identità, dimostrando di potersi esprimere ed essere compresi attraverso la musica. Questo distacco tra genitori e figli è quindi andato sempre più assottigliandosi. Certo ci sono delle eccezioni, ma oggi i genitori sono davvero compagni e amici, c’è un’apertura diversa, probabilmente anche in virtù di un mondo che è cambiato, c’è più informazione. Poi talvolta i giovani vanno oltre, l’essere troppo amici dei figli può far sì che si venga trattati come dei coetanei. Cosa che non trovo giusto, un minimo di rispetto è necessario. Mio padre al suo dava dei voi, dire che di strada nei decenni ne è stata fatta.

Lei è anche uno dei pochi padri “social” della sua generazione. Cosa pensa di queste nuove tecnologie?
Come in tutte le cose ci vuole il senso della misura. Non ci deve essere una dipendenza smisurata, il contatto umano deve rimanere. Io amo ancora vedere e toccare, mi piace abbracciare gli amici e uscire a cena. Vedo purtroppo ragazzi che vivono solo di questi nuovi mezzi, creandosi una realtà parallela che alla fine reale non è. Occorre avere quindi molta cautela. Penso al mio mondo, quello della musica, in cui il computer è entrato da ormai 30 anni e consente di fare in un minuto cose che prima richiedevano magari una settimana. Ma non bisogna mai dimenticare che dietro ci deve essere un uomo, con la sua anima e la sua sensibilità.

Parliamo infine del Roby Facchinetti nonno: come si trova in questo ruolo? Quali sono le principali differenze rispetto a quando era “solamente” papà?

Ho sentito dire che oggi i migliori genitori sono i nonni. Un tempo invece si diceva che ciò che si faceva con i figli veniva poi disfatto con i nipoti. I nonni attuali però hanno più cultura, sanno come comportarsi e hanno dalla loro parte la famosa saggezza. Personalmente dico che chiaramente vorrei stare un po’ di più con i miei nipoti, credo comunque di essere un buon nonno. È una bella sensazione, che fa capire una volta di più la ruota della vita. Sono stato figlio, padre e adesso nonno. Una grande fortuna per la quale ringrazio il Cielo.

In chiusura vuole rivolgere un pensiero speciale agli amici di Superpapà?

Saluto tutti i papà, condivido con loro la fatica che si vive oggi nell’essere padre. Ma questo è il nostro compito, e io credo che il vero senso della vita sia quello di formare una famiglia e dare continuità alla nostra esistenza attraverso i nostri figli. Cerchiamo di farlo al meglio, non sono stati i nostri figli a chiederci di essere messi al mondo, ma siamo stati noi a desiderare la loro nascita e dobbiamo avere verso di loro – per sempre – un senso di responsabilità speciale.
Terminiamo l’intervista con una splendida frase tratta dal singolo che ha dato il nome all’ultimo album di Facchinetti, Ma che vita la mia: “Ho messo al mondo figli migliori di me”. Sì, perché in fondo uno dei nostri obiettivi è proprio quello di crescere persone che possano, un giorno, lasciare un segno nel cuore di chi le saprà amare.

 

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