Nella vita di una coppia ci sono alti e bassi. Nei momenti di difficoltà la coppia si può rivolgere a due figure professionali: lo psicoterapeuta di coppia e il mediatore familiare. Facciamo chiarezza su queste due profili professionali.
Lo psicoterapeuta è uno psicologo che conseguito una specializzazione in psicoterapia, meglio se ha una formazione specifica nel lavoro con le coppie. Allo psicoterapeuta ci si rivolge quando la coppia sta affrontando un momento difficile, di crisi, o quando, anche se non c’è una vera e propria crisi, sente che ci sono degli aspetti da migliorare nella vita coniugale (o di convivenza).
Che cosa fa lo psicoterapeuta? Aiuta la coppia a lavorare sugli elementi che hanno portato alla crisi, in modo da aumentare la consapevolezza di ognuno nelle proprie responsabilità nel far perdurare la crisi e ci lavora insieme ai due partner.
Che cosa non fa? L’obiettivo di una terapia di coppia non è il rimettersi insieme. Compito del terapeuta è aumentare la consapevolezza di ognuno sulla relazione e sul rispettivo coniuge, poi saranno le persone a decidere come utilizzare questa consapevolezza nella coppia. A volte può essere un aiuto proprio a raggiungere la consapevolezza che la coppia è arrivata alla sua fase finale, e aiuta a elaborare il processo mentale di separazione. La durata non è definibile a priori a seconda del caso è il terapeuta ad indicarla.
Il mediatore familiare è una figura professionale che aiuta a trovare un accordo per delle situazioni che portano conflitto tra gli ex coniugi. Può essere uno psicologo, un avvocato o un’altra figura professionale che ha conseguito il diploma di mediatore familiare.
La mediazione familiare si rivolge a ex coniugi o ex conviventi, già separati effettivamente (che vivono in due case diverse) che vivono con conflitto le decisioni sui figli (ma anche su altre cose in comune) per aiutarli a trovare un modo di relazionarsi non conflittuale. La durata è fissata in 8/10 incontri e lavora concretamente sugli oggetti della contesa (vengono definiti oggetti in senso psicologico, quindi anche i figli). Per tutto il corso della mediazione familiare ci deve essere una sospensione delle battaglie legali.
Porto un esempio concreto del lavoro di mediazione:
due ex coniugi litigano perché il padre vorrebbe tenere a dormire nel fine settimana i due figli i 6 e 8 anni, ma la mamma non vuole. Andando più a fondo con l’aiuto del mediatore viene fuori che la signora non vuole lasciarli a dormire perché lei, figlia di separati, quando dormiva dal papà lui la metteva a letto presto nella sua stanza da sola e lei aveva paura. Il padre, avendo saputo che il problema è questo, informa la mamma che farà in modo che i figli dormano insieme, con la porta aperta e che essendo sabato sera, prima passerà del tempo con loro. La signora accetta.
Qui ho riportato in modo semplice, il risultato di un lavoro un po’ più complesso ma definibile sempre in 8, massimo 10, incontri.
La mediazione non è per tutti, coppie troppo conflittuali che usano il conflitto per farsi male e attaccare l’altro o che hanno dei procedimenti legali in corso non sono mediabili. In questi casi può essere indicato un percorso di psicoterapia individuale per risolvere le cause di così tanto rancore e ostilità. Perché, alla fine, le uniche vittime dei rancori e dei conflitti tra gli ex sono i figli, e per loro vale la pena mettersi in discussione e migliorare.
Dott.ssa Paola F. Lattanzi
Psicoterapeuta di coppia, psicoterapeuta familiare, mediatrice familiare e consulente tecnica del tribunale.
Sempre a contatto e in supporto alle famiglie e alle coppie in ogni momento della vita familiare e ai loro figli, per permettere a tutti una vita serena, anche dopo una separazione.