Molliamo tutto, prendiamo i nostri figli e mettiamoci a giocare! Forse qualcuno non lo sa, ma giocare può essere anche un ottimo metodo per apprendere, specialmente nei bambini.
Scopo del gioco
In ogni gioco di società che si rispetti, nelle istruzioni che non si leggono mai ovviamente, c’è sempre il paragrafo denominato ‘Scopo del gioco’. Pardon, ma non credo di volervi fare l’elenco dei giochi di società, piuttosto fare assieme una bella chiacchierata sul gioco inteso soprattutto come divertimento provato insieme papi e pupi (ma pure mami oh, che ogni tanto va tirata per un braccio e lanciata sul lettone per un sano assalto alla fortezza nemica!).
Partiamo da un presupposto: siamo stati bimbi, forse, e, forse, ci siamo divertiti anche noi giocando in qualche modo piuttosto demenziale. Il primo scopo del gioco è quindi solo per noi, ossia quello di ricordarci come ci si diverte ad ogni età e con cosa abbiamo passato le nostre giornate quando eravamo delle piccole pulci che saltellavano a destra e a manca facendo danni e annientando la pazienza dei nostri.
Dopo il momento di puro egocentrismo passiamo ai nostri ragazzi: non cedo di dirvi nulla di nuovo ricordando che il gioco serve, cioè che è necessario in ogni momento della vita per mandare avanti quella baracca, a volte barcollante, della vita; inoltre è utile per apprendere, poiché i metodi migliori per imparare qualcosa sono l’esperienza e i sistemi diversi dall’insegnamento orale o scritto. Tutto quello che si può vivere e sperimentare rimarrà impresso nella mente dei nostri figli più che tante nostre parole spese seduti ad un tavolo. Vi faccio un esempio se no pure io sembro figlio di Catone: quand’ero piccino, assieme a mio fratello e mia sorella, non so con quale principio di economia e commercio, s’improvvisò un mercatino nel cortile del condominio. Non ricordo come nacque la cosa, ma di certo finì bene per le nostre finanze in quanto il ricavato delle vendite venne devoluto in beneficenza al salvadanaio personale. Cosa ho imparato? Di certo non il segreto della vita, e questo non credo lo insegni un gioco, tuttavia è rimasto l’apprezzamento per il ‘lavoro’ svolto con diligenza.
Quale scelgo?!
Chiedo venia per essere un po’ troppo riduttivo, ma la maggior parte delle volte siamo noi che ci complichiamo la vita per decidere con cosa far giocare i nostri figli tra gli scaffali del negozio o nel cestone della loro camera. Non sono tonti come noi, sanno scegliere fin da piccoli cosa li attira di più. Mia figlia di un’anno e mezzo in libreria, mentre io cercavo un libro adatto a lei che le facesse sviluppare i suoi superpoteri, ha iniziato ad indicare un libretto nascosto dietro ad altri con una tale convinzione che alla fine gliel’ho preso. Non lo ha mollato più e siamo andati in giro per il centro storico con lei seduta nel passeggino che doveva sfogliarsi sto libro. Mia figlia non è un fenomeno perché di certo non avrebbe preso da me, ma mia moglie quando lo ha visto m’ha raccontato che era il libro che stavano leggendo al nido con la maestra ultra avanti che fa letture animate. Tutto spiegato, ma è per farvi capire come funziona già la loro testa fin dalla tenerissima età. Che impariamo da tutto ciò? Loro sanno scegliere, scelgono quello che è più adatto a loro, imparano a memorizzare fin da piccoli e chi più ne ha più ne metta.
A noi che rimane oltre a finanziare tali scelte? Dobbiamo saper valutare le loro capacità o per lo meno cercare qualcosa che gliele faccia mettere in moto (costruzioni, colori da disegno, carte colorate…) e che anche possano impegnarli a socializzare con altri (palla e comunque tutto quello che li impegni nel confronto con altri bambini).
Due passi indietro
Con cosa giocavamo noi? Con cosa giocavano i nostri genitori? Il sottoscritto ha 27 anni ed è cresciuto con differenti tipi di passatempi che sono andati dal cucire bottoni su pezzi di stoffa ai primi computerini spastici per l’apprendimento (altro che tablet); i bambini di oggi ad un anno sanno già usare smartphone ed ogni sorta di dispositivo tecnologico. Non sorprendiamoci poi se a dieci anni ce ne chiedono uno; o saremo bravi da vietarglielo fino ad un ragionevole periodo oppure dobbiamo ora essere bravi da non farglieli utilizzare. La terza opzione è soccombere alle loro richieste (cioè non siamo validi genitori).
I giochi della nostra infanzia e di quella dei nostri genitori (trottoline, yoyo, macchinine…) sono un valore aggiunto per i nostri figli, in quanto la maggior parte delle volte, nonostante siano giochi estremamente semplici e poco elaborati, pur intrattenendoli per breve tempo, danno la possibilità di sfruttare meglio le loro capacità sensoriali.
Nei ragazzi più grandicelli poi i nostri vecchi giochi assumono un fascino quasi vintage, senza tempo, basti pensare al genere consolle stile Play Station, Commodore 64, Super Nintendo… La vecchia Play di mio fratello è sempre stata un punto d’incontro con mio padre con un giochetto di go-kart in cui inevitabilmente io lo battevo sempre (ancora oggi!). Giocare insieme è questo: divertirsi non perché c’è qualcuno che vince o che perde, ma perché ci si incontra e confronta con i nostri figli trascorrendo tempo che difficilmente ritroveremo (detta come va detta: noi siamo il vero divertimento per loro perché non abbiamo la benché minima possibilità di vincere e loro scoprono il piacere dell’onnipotenza tenendogli viva l’attenzione).
Quindi, molla tutto e vai dai tuoi figli perchè hanno bisogno di stracciare qualcuno con qualche gioco. Oh, ma fatti valere. Sei pur sempre un Superpapà!
Silvano Campanale