Ci sono fatti di cronaca drammatici che fatichiamo a capire, uno di cui si è parlato recentemente è il caso della bambina morta in auto che ci hanno descritto come “dimenticata in auto” dalla mamma.
Ovviamente tutti noi fatichiamo a capire come si possa “dimenticare il proprio figlio”, in auto o da qualsiasi altra parte, e, soprattutto, facciamo fatica a capire come questo possa succedere.
E abbiamo ragione a non capire, perché “dimenticarsi un figlio” è una cosa innaturale e non concepibile dalla nostra mente. Ma se, invece, fosse proprio la nostra mente a fare un brutto, bruttissimo scherzo ed a essere la causa di queste tragedie? E che, quindi, i bambini non vengono dimenticati in auto, ma succede altro?
Riprendiamo due concetti degli studi sulla memoria: la distinzione tra memoria implicita ed esplicita e il concetto di oblio.
La memoria si divide in memoria esplicita e memoria implicita. La memoria esplicita si ha quando si ricorda qualcosa effettivamente (un ricordo dell’infanzia, un momento particolare…), la memoria implicita non è associata al ricordare qualcosa, ma contiene tutti quegli apprendimenti che non richiedono un’azione propria del ricordare (andare in bicicletta, guidare, ecc.): sappiamo bene andare in bicicletta ma non abbiamo bisogno ogni volta di ricordarci come si fa. In questo tipo di memoria rientrano anche gli automatismi, azioni che facciamo continuatamente in modo, appunto, “automatico”.
Ad esempio, non abbiamo bisogno di pensare per poter percorrere il tragitto che ci porta da casa all’asilo o al lavoro, tragitto che percorriamo tutti i giorni per diversi mesi e/o anni.
L’altro concetto a cui facevo riferimento è quello di oblio. Per oblio si intende l’incapacità totale e/o parziale di ricordare qualcosa che si è appreso, ed è un fenomeno funzionale che risponde a esigenze di economia mentale. Cosa significa questo? Semplicemente che l’oblio è una sorta di difesa che fa la mente, in seguito o a forti traumi (dove il non ricordare il trauma serve per continuare una vita “come se nulla fosse”, altrimenti impossibile) o a un forte periodo di stress in cui la mente si difende eliminando alcuni avvenimenti, che sovraccaricano ulteriormente il nostro cervello. E, nel farlo, parte da quelle dove la mente è meno coinvolta, cioè gli automatismi.
Quante volte ci è capitato di renderci conto, improvvisamente, che abbiamo imboccato per errore la strada verso il lavoro, mentre eravamo sovra pensiero e invece dovevamo andare da un’altra parte? O che il caffè delle 9 è ancora lì e ormai è mezzogiorno? Sono sicura che a tutti è capitato almeno una volta di trovarsi in queste situazioni, ci si “risveglia” improvvisamente ricordandoci che abbiamo sbagliato o omesso qualcosa della nostra giornata e, di solito, si commenta con “sono proprio esaurito/a”, o frasi simili.
Ai genitori protagonisti di questi fatti drammatici, che cosa è mancato di questi passaggi? Di certo non si sono “dimenticati i figli in auto”, perché un figlio non si dimentica mai, né in auto, né a scuola né da altre parti. Un genitore non si dimentica mai di un figlio, si può dimenticare di prenderlo a scuola, di portarlo in palestra o si può dimenticare che non lo ha portato all’asilo.
Torniamo all’automatismo, in un giorno di particolare stanchezza (e magari pure di particolare caldo) un genitore (mamma o papà non fa differenza) mette il proprio bimbo in macchina per fare quello che è il tragitto che fa da mesi: casa- asilo e poi casa-lavoro. Al bivio dove per andare a sinistra si va all’asilo e dritto al lavoro, per un qualche motivo si va dritto, e la mente (che è in sovraccarico e quindi tende a eliminare gli automatismi) non registra che si sta saltando un passaggio. Qui interviene l’oblio, praticamente la mente cancella completamente il fatto che in quel tragitto, quella mattina, manca un pezzo. Si arriva al lavoro, si spegne la macchina, si chiude e si esce. A questo punto interviene quello che viene definito “falso ricordo”, noi sappiamo che il nostro bimbo è all’asilo perché così abbiamo fatto ieri, e l’altro ieri e l’altro ieri ancora, e sappiamo che, se arriviamo al lavoro, vuol dire che il passaggio di “lasciare il bimbo all’asilo” è già stato fatto. Ecco perché non si dimentica un bimbo in auto, ma ci si dimentica di non averlo portato all’asilo. E, in questo, l’unica differenza rispetto allo sbagliare strada o al dimenticarsi il caffè è che nessuno muore per queste dimenticanze. Dimenticanze che compiamo tutti in momenti particolari delle nostre vite.
È possibile prevenire tutto questo? Non è possibile prevenire l’oblio, in quanto è una risposta innata del nostro organismo a una situazione di sovraccarico mentale. Possiamo però prevenire le conseguenze. Come? Se ci sentiamo particolarmente stanchi, e ci accorgiamo che facciamo fatica a tenere in mente le cose, possiamo utilizzare qualche strategia (ovviamente una sarebbe quella del riposo ma non sempre è possibile).
- possiamo chiedere all’altro genitore di fare una verifica: mezz’ora dopo l’orario di ingresso all’asilo può chiamare l’asilo per chiedere conferma se il bimbo c’è. Deve chiamare l’asilo però, non chi lo ha accompagnato, perché, in quel momento, chi avrebbe dovuto accompagnare il bimbo non si ricorda che non lo ha fatto.
- possiamo chiedere, per un periodo, che sia qualcun altro ad accompagnare il bimbo. Se questo non è possibile è utile accompagnarlo facendo strade diverse, questo fa sì che la nostra mente resti vigile e concentrata (perché fare una strada diversa non è una cosa automatica) e se la mente è vigile non si corre questo tipo di pericolo.
- mettersi una sveglia che ci ricorda di tornare in macchina dopo 15 minuti dall’ingresso al lavoro (o chiedere a qualcuno se può andare a controllare in macchina).
- non dire “a me tanto non succede”. La mente funziona in modo uguale per tutti, e dire “tanto a me non succede” significa delegare la vita dei nostri figli, e, come nessun genitore si dimentica un figlio da nessuna parte, nessun genitore delegherebbe la vita dei propri figli al caso.
Paola Francesca Lattanzi
Sono psicologa, psicoterapeuta familiare e mamma alla terza di una piccola squadra al femminile. Grazie alla mia professione e alla triplice esperienza della maternità, ho approfondito molto i temi legati al momento in cui si diventa genitori, con tutte le emozioni e le paure collegate a questo importante stravolgimento di vita. Attualmente dedico gran parte del mio lavoro a supportare i genitori (sia quelli che lo sono da poco che quelli che pensano di diventare nonni a breve).